(Corriere della Sera – Salute / di Silvia Turin) A cosa servono le azioni ripetitive che facciamo in situazioni stressanti e come liberarsene quando danno troppo fastidio.
Lo facciamo tutti
Mentre la ricerca scientifica si è focalizzata principalmente sulle forme più gravi associate a disturbi neuro-comportamentali come la sindrome di Tourette e l’autismo, vi è una crescente presa di coscienza della pervasività oggigiorno di questi “comportamenti motori ripetitivi e non funzionali” e quanto impegnano il tempo di ciascuno di noi è spesso il barometro della nostra tranquillità. «La nostra società stressante predispone a queste manie», spiega al New York Times il dottor Alon Mogilner, neurochirurgo presso il Langone Medical Center dell’Università di New York. «È un affare difficile per il cervello mettere un freno alle cose che non si vogliono fare». Gli esperti dividono questi “comportamenti motori non funzionali” in tre categorie sovrapponibili.
Tre tipi di tic (che si possono fermare)
Innanzitutto, ci sono i tic “classici”, che comportano movimenti rapidi e scatti della testa, del collo o delle braccia preceduti da uno stimolo, simile a un prurito che ci spinge ad agire. I tic possono anche essere sonori come schiarirsi la gola o tirare su con il naso. Poi ci sono gesti che vengono senza un impulso, più fluidi e ritmici, come un corpo che oscilla, tamburellare sul tavolo con le dita o muovere di continuo le gambe. Infine, ci sono comportamenti ripetitivi e compulsivi focalizzati sul corpo come mangiarsi le unghie, togliersi le pellicine o inanellarsi i capelli. Tutti questi comportamenti sono quelli che gli esperti chiamano “non volontari”, al contrario di quelli detti “involontari” come i tremori muscolari di alcune patologie e sono movimenti che è possibile interrompere quando ci si distrae o al contrario ci si concentra. In alcune circostanze l’abitudine diventa un problema per la persona, soprattutto se è “dannosa” o imbarazzante, ma più spesso semplicemente fa “venire i nervi” solo a quelli che stanno vicino.
Un gesto «comodo» in situazioni stressanti
«Tutti questi comportamenti riguardano la regione del cervello chiamata gangli basali, che è coinvolta nel controllo della funzione motoria», ha dichiarato Ali Mattu, uno psicologo clinico specializzato in comportamenti ripetitivi focalizzati sul corpo presso il Columbia University Medical Center. I gangli basali sono un po’ come il centro di comando del movimento del cervello. La teoria è che quando le situazioni sono frustranti o stressanti i gangli basali selezionano (o forse non riescono a inibire) un comportamento motorio predefinito, stereotipato o abitudinario. In questo non siamo poi così diversi dagli animali. In molti zoo animali ansiosi o annoiati oscillano, si strappano piume o leccano il pelo, camminano in cerchio. «La caratteristica principale di un’azione abituale è che non devi usare risorse cognitive per metterla in pratica», specifica Doug Woods, professore di psicologia presso la Marquette University di Milwaukee che studia e tratta persone con tic e altri comportamenti ripetitivi. Woods osserva che per molti dei suoi pazienti, i tic in qualche modo si associano a una ricompensa.
Un bisogno che nasce nell’infanzia
La maggior parte dei comportamenti ripetitivi, a prescindere dall’eziologia, comincia nell’infanzia. Un cervello immaturo, incapace di riconoscere e processare le emozioni come un adulto, ricorre all’attività motoria per far fronte a esse. Nella maggior parte dei bambini i tic aumentano quanto più si diventa in grado di capire e gestire i sentimenti. O semplicemente si trova un modo per trasformare alcuni comportamento in qualcosa di più socialmente accettabile e “adulto”. «I tic non scompaiono col passare del tempo, solo che la persona impara a controllarli maggiormente mettendoli in atto in privato o “sotto il tavolo”», dice il dottor Harvey Singer, professore di neurologia presso la Johns Hopkins School of Medicine.
Come affrontare il problema
La maggior parte delle persone non va certo da uno specialista per questi tic anche perché in molti casi il comportamento ripetitivo è un conforto. Si cerca aiuto quando il movimento diventa troppo insistente e frequente da avere influssi negativi su vita quotidiana e relazioni. Alcuni movimenti possono danneggiare le vertebre, ad esempio, togliersi la pelle può portare a sgradevoli segni e i datori di lavoro tendono a non assumere persone che non possono smettere di ammiccare o fare clic su una penna durante un colloquio. Un eventuale trattamento inizia con l’aumento della consapevolezza della persona in merito all’abitudine e sul perché sia diventata automatica. Importante è anche cercare di capire quando avviene: «La gente non se ne rende conto, ma ci sono situazioni tipo per tutti questi problemi», afferma il dottor Kieron O’Connor, professore di psichiatria presso l’Institut Universitaire en Santé Mentale di Montreal, che sviluppa programmi di trattamento per persone con tic. Il comportamento ripetitivo è spesso il risultato di situazioni in cui la gente si sente sopraffatta dalle emozioni perché non hanno previsto qualcosa o non sanno come affrontarlo.
Oggetti antistress
Oltre alla componente cognitiva, le terapie spesso includono anche una componente comportamentale per trovare un’azione sostitutiva più accettabile, ad esempio lavori con oggetti antistress o piccoli accorgimenti per porre fine alla mania. I farmaci antipsicotici sono opzioni rischiose che possono avere effetti collaterali spiacevoli e non sono del tutto efficaci. Gli esperti concordano sul fatto che il comportamento sia una forma di comunicazione ed è importante capire che cosa il tic ci stia “dicendo” su noi stessi (ansia, noia, rabbia, tristezza, agitazione, tensione, ecc).