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La vitamina D, il cui nome di vitamina risulta essere poco appropriato visto le innumerevoli funzioni svolte, è tra le molecole più conosciute a causa della diffusissima carenza tra la popolazione. A tal proposito, una nuova rassegna sistemica della letteratura, pubblicata sulla prestigiosa rivista ‘British Journal of Nutrition’ sembra suggerire come più di un terzo della popolazione mondiale sia a maggior rischio di ipovitaminosi D.

Ma quali sono le funzioni di questa importante vitamina e come viene prodotta?

La vitamina D, com’è noto, è coinvolta nel metabolismo del calcio e quindi nella salute delle ossa ma non solo, sempre più dati scientifici confermano il coinvolgimento della vitamina D in numerose patologie tra cui le patologie autoimmuni.
È importante sottolineare che esistono due forme di vitamina D:

  • Vitamina D2 o ergocalciferolo, di derivazione vegetale
  • Vitamina D3 o colecalciferolo, sintetizzata dagli organismi animali il cui precursore è il colesterolo.

La vitamina D3 in particolare, viene sintetizzata dalla cute a partire dal 7- deidrocolesterolo tramite i raggi solari, oppure può essere assunta attraverso diverse fonti alimentari di origine animale. Per poter beneficiare dei sui effetti, è però necessario convertirla nella sua forma attiva attraverso due reazioni chimiche che avvengono a livello del fegato e dei reni. Una volta resa attiva, la vitamina D sarà in grado di legarsi ai propri recettori ed esprime le sue funzioni fisiologiche nell’organismo che spaziano dal controllo del metabolismo del calcio, regolazione della divisione cellulare e differenziamento, modulazione del sistema immunitario e, dati più recenti, confermano il coinvolgimento della vitamina D nella propensione alla comparsa di malattie del sistema nervoso.

Come detto precedentemente, una parte della vitamina D viene prodotta a livello cutaneo per mezzo dei raggi solari, ma è necessario seguire alcuni piccoli accorgimenti per poter sfruttare al massimo questa importante fonte. Innanzitutto è doveroso precisare che i raggi solari più efficaci, e quindi con l’intensità più adatta per la produzione di vitamina D, sono emessi nelle ore centrali della giornata (verso mezzogiorno) e che l’efficacia aumento salendo di altitudine. È inoltre dimostrato che chi ha una carnagione più scura tende a produrre meno vitamina D rispetto a chi ha la pelle più chiara poiché la melanina contrasta l’effetto dei raggi solari. Inoltre, chi soffre di obesità avrà sicuramente una minore tendenza a produrne a causa di una ridotta disponibilità indotta dagli adipociti.
Questo significa esporsi per molto tempo al sole durante le ore più calde?
Non è necessario esporsi per molto tempo al sole per poter beneficiare dell’effetto dei raggi solari. Basti pensare che un’esposizione di mezz’ora al sole è sufficiente per produrre dalle 10 alle 20 mila unità in relazione a tutte le variabili elencate sopra.
È quindi ragionevole pensare che siano sufficienti solamente pochi minuti di esposizione per garantire una buona sintesi di vitamina D.

Qual è il legame tra ipovitaminosi D e malattie autoimmuni?

Diversi studi hanno dimostrato la correlazione fra malattie autoimmuni e carenza di vitamina D. Uno dei ruoli fisiologici che la vitamina D svolge nell’organismo è quello di modulare la risposta immunitaria ed avere una spiccata attività antiinfiammatoria. Da recenti ricerche è emerso che questa vitamina è in grado di interferire con l’attività di un particolare tipo di linfociti coinvolti nelle malattie autoimmuni noti come linfociti Th17. Nei casi gravi di carenza di vitamina indotta da una mutazione del recettore che lega la vitamina e ne impedisce l’assorbimento, i linfociti Th17 si attivando producendo citochine infiammatorie che contribuiscono a peggiorare un quadro infiammatorio alla base delle malattie autoimmuni.

Qual è la correlazione tra colesterolo e vitamina D?

Il colesterolo è una molecola vitale per il corpo umano, essenziale per la produzione di ormoni sessuali e vitamina D per mezzo dei raggi solari. Con l’avanzare dell’età il livello di colesterolo aumenta nel sangue, in parte a causa di una riduzione del suo consumo. Questa molecola infatti, negli anni viene sempre meno convertita in ormoni sessuali (soprattutto nelle donne in menopausa) e la cute riduce la produzione di vitamina D a partire dal colesterolo. Questi fattori favoriscono nel complesso un aumento della colesterolemia che tipicamente si verifica con il passare degli anni.

Relazione tra Vitamina D e cancro.

Studi di laboratorio hanno evidenziato che la vitamina D è coinvolta nei processi alla base dello sviluppo dei tumori, come l’infiammazione, la crescita cellulare, il metabolismo del glucosio e il funzionamento del sistema immunitario. Purtroppo gli studi condotti fino ad ora sull’essere umano, a differenza degli studi di laboratorio, hanno fornito dati piuttosto contrastanti, tale da non poter trarre una conclusione assoluta sull’effetto positivo della vitamina D sul cancro.
È doveroso ricordare che un articolo recentemente pubblicato su Seminars in Cancer Biology riporta che in generale bassi livelli di vitamina D sono legati a una maggiore incidenza di cancro e i dati più convincenti sono quelli che riguardano il tumore del colon-retto. Ancora più recentemente, sono stati pubblicati su JAMA Network Open i risultati dello studio VITAL, dai quali emerge che assumere supplementi a base di vitamina D riduce l’incidenza di tumori in stadio avanzato. Come si legge in un articolo pubblicato su Epidemiologic Reviews, per la maggior parte dei tumori restano ancora molti punti da chiarire prima di poter arrivare a prescrivere la vitamina D come strategia di prevenzione o per migliorare la sopravvivenza.

Quali sono le principali fonti alimentari di vitamina D?

Oltre all’assunzione di vitamina D attraverso gli integratori, rimane comunque indispensabile un’assunzione costante attraverso l’alimentazione e l’esposizione al sole. Come accennato in precedenza, la vitamina D3 deriva dal consumo di alimenti di origine animali, in particolare i più ricchi sono aringa, salmone selvaggio o di allevamento, sgombro, sardine, tonno, crostacei e uova. È utile sottolineare che il pesce azzurro, oltre a presentare un elevato contenuto di vitamina D3, mostra un’alte percentuali di acidi grassi poli-insaturi con spiccate proprietà antiinfiammatorie e ipocolesterolemizzanti.
La vitamina D2 invece, è presente negli alimenti di origine vegetale di cui, tra i più ricchi, elenchiamo i funghi e il latte di soia.

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